Gioca Giuè

Il blog di videogiuochi che non stavate aspettando altro

Ciao, io sono il killer dell’origami

Porcellane Kobayashi, le regine di ogni spoiler!

Prendete un film di quelli che alla fine hanno un colpo di scena grosso grosso che ti fa fare aww™. Tipo Fight Club o I Soliti Sospetti. Che belli, quei film, converrete.
Ecco, però. Pensate se durante quei film, la narrazione non facesse altro che dirvi: “Oh, guardate: Edward Norton e Brad Pitt NON sono la stessa persona. Cioè, l’ho scritto io il film, quindi cazzo, fidatevi!” oppure “Oh, guardate: Keyser Söze non è Kevin Spacey. Cioè, l’ho scritto io il film, quindi cazzo, fidatevi!” E poi scoprite che Edward Norton è Keyser Söze e Kevin Spacey non è altri che Brad Pitt in persona! Quanto avreste smadonnato? Parecchio.

Heavy Rain è proprio così. Passa il tempo a dirvi che Ethan Mars è il killer (i flash da cui si risveglia con l’origami in mano, il fatto che lui stesso pensa di esserlo, la moglie che lo manda bevuto con le guardie) e a dirvi che Scott Shelby non è il killer. Ma non in modo onesto, cioè distogliendovi dalla verità. No: lui lo fa dicendo cazzate con il solo intento di farvi credere la cosa sbagliata per giungere al colpo di scena finale.

Buchi di trama

Su Ethan Mars c’è un solo grosso buco di trama, però disonestissimo: i flash. Cioè, lui flasha, si ritrova in giro sotto la pioggia senza sapere come c’è arrivato e ha un origami in mano. E intanto perde figli.
Bello, meraviglioso. Peccato che non viene mai (MAI) spiegato nulla di quei flash. E allora vaffanculo.

“Giuro, non sono io il killer dell’origami.”

Su Scott Shelby, invece ce n’è un casino!
Lui è il killer dell’origami e la cosa viene detta solo verso la conclusione del gioco. Se di per sé non sarebbe un problema (voglio dire, è un giallo, è giusto che l’assassino si scopra alla fine), le magagne vengono al pettine riflettendo su alcuni punti in particolare.

In Heavy Rain è possibile ascoltare i pensieri dei 4 protagonisti. Scelta interessante e ben realizzata, peccato che l’idea di mettere l’assassino tra i 4 protagonisti la rende idiota. Cioè: mai in tutto il gioco Shelby pensa al fatto che è l’assassino.
Quando incontra i genitori delle vittime, i suoi pensieri esprimono empatia, tristezza, anche pietà. Certo, lui non uccide per divertimento ma perché suo padre non aveva salvato suo fratello tanti anni addietro, però anche solo pensare: “È colpa tua che non hai aiutato tuo figlio, ignobile genitore!” oppure, di fronte agli indizi lasciati dal killer: “Uh, guarda quanto mi è uscito bene questo origami!”…
No, lui no. Lui è un esper, ha la mente d’acciaio, non penserà mai nulla che lo possa mettere in pericolo (di fronte al giocatore), perché vaffanculo lui può.
Anche quando si trova sulla tomba del fratellino, la cui morte – ripeto – è la causa scatenante del tutto, lui è impassibile.

Scott Shelby uccide l’orologiaio perché nei suoi registri si sarebbe potuti arrivare a lui. Tutto corretto.
Peccato che la scena dell’uccisione non è in una parte non narrata del gioco, no. Accade mentre il giocatore impersona Shelby stesso. E, posso assicurarlo, io l’orologiaio non l’ho ucciso. Giravo per il suo negozio in cerca di non ricordo che, però a un certo punto entro nel retro e c’è l’orologiaio ucciso. Minchia! E chi l’ha ucciso? Shelby no di certo, perché lo stavo controllando io.
Invece no, è stato proprio Shelby! Perché lui è un esper, quindi ha usato una proiezione mentale di sé stesso per sfuggire ai miei comandi e uccidere l’orologiaio senza che io ne sapessi nulla! Figata!

E la puttana, Lauren, una di quelle che vuole trovare l’assassino e fargli tanta bua perché gli ha ucciso l’unico figlio. Bè Shelby la prende con sé. Avrebbe potuto sfancularla, invece no. Ma perdio, sarà rischiosissimo portarsi dietro la tua nemesi, mentre vai in giro a rimuovere le tue tracce?
Ha anche la possibilità di abbandonarla, ma non lo fa. Nel mio caso è rimasta affogata in macchina, ma solo perché pensavo che premendo quel tasto lì avrei tentato di salvarla e ho sbagliato, però l’avrei voluta salvare. Perché? Sono un killer a sangue freddo (non di soli bambini per inculare i loro merdosi genitori, perché l’orologiaio era un povero innocente e basta), però la salvo, la tengo con me, in caso ci trombo pure, le voglio un mondo di bene, lei che se solo sapesse mi taglierebbe i coglioni e li appenderebbe allo specchietto retrovisore.

E il figlio di papà? Kramer mi pare si chiamasse.
Perché tutto quell’astio nei suoi confronti? A sentire i pensieri di Shelby, lui è realmente convinto che Kramer sia il killer. Quindi fa tutto un mega bordello nella sua villa, sparatorie con mille scagnozzi, e cose così. Per cosa? Solo perché è incazzato con uno che si spacciava per lui? Mi sembra un po’ eccessivo, anche considerando che il povero Kramer non sapeva una sega della vera identità del killer.

Insomma: buchi di trama, plot holes, chiamateli come vi pare, ma ce ne sono pure troppi.

Classico videogiocatore che la trama di Heavy Rain è tutto ok.

Quindi

Quindi niente. Tutto st’ambaradan di Heavy Rain, il gioco che con la sua magistrale sceneggiatura avrebbe dimostrato al mondo che i videogiochi possono essere maturi come i film, non vale un cazzo.
L’unica cosa che fa è dimostrare che il pubblico dei videogiochi non è maturo per nulla e si beve qualsiasi cagata sia abbastanza ben pubblicizzata, perché se avessero dato messo questa trama in un film, il pubblico alla fine si sarebbe alzato e avrebbe mandato affanculo il regista, lo sceneggiatore e tutto.

Ma devo ammetterlo: escludendo il pessimo colpo di scena finale, il resto è costruito molto bene, il gioco si lascia giocare con immenso piacere e alcune situazioni sono realizzate in maniera ineccepibile e l’intensità e la drammaticità si vivono sulla propria pelle.
Insomma, dovessi dargli un voto, gli darei un 8.5 fino a prima della fine e uno 0 spaccato per il finale.

PS: “È l’ora dello snack!”

Lo snack di quando qui erano tutti pixel.

Forse non ci avrete fatto caso, e neanche io la prima volta. Ma vi invito a ricaricare il vostro salvataggio a dopo la morte di Jason, il primo figlio.
Vediamo Ethan divorziato e barbuto, una vita distrutta, che non riesce a comunicare con Shaun, il suo secondo figlio. Un appartamento tristissimo, poche parole, sguardi malinconici, atmosfera pesante.
Ma alle 4.30PM, quando sulla lavagnetta c’è scritto che è il momento di far fare merenda a Shaun, Ethan (cioè Pino Insegno) pensa: “È l’ora dello snack!”

A parte l’adattamento ridicolo, vi invito a soffermarvi sul tono della voce, perché è una specie di crossover tra la Premiata Ditta e uno spot del Kinder Bueno!
È bellissimo! Tutt’ora lo ricarico a casaccio per sentirgli dire: “È l’ora dello snack!”
Fatelo anche voi!
FATELO, HO DETTO!


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