Cari blasonati autori e lettori, dopo che il fiero Pikkio ha trattato l’argomento donne e videogiochi, ora è il mio turno. Lascio spazio alla mia consorte, Mrs Sbundle, e torno a giocare a Skyrim.
Sono cresciuta in casa con tre maschi. Negli anni ’80 c’erano quei mini giochini tipo Donkey Kong junior, Donkey Kong II, Parachute, il tennis di Snoopy, e uno coi corvi che ti tiravano i fili del bucato sotto la pioggia che non mi ricordo come si chiamasse.
Poi avemmo Super Space Invader 2 (per giocare in due), Tron, Miss Pacman, tutta roba i cui pulsanti dopo un po’ difettavano e quindi bisognava pistare come l’uva con i nostri ditini tondi e goffi. Poi c’era Galaxy II (noto anche come Astro Wars), responsabile dei primi casi noti di epilessia (anche Ian Curtis per dire stava benissimo, prima).
Sono stata la prima fra i miei amici ad avere il primo Game Boy. E la prima Play Station, regalo di un fidanzatino lungimirante.
Credevo insomma che, come moglie, sarei stata perfetta per un giocatore. Perchè io SO cosa vuol dire sentirsi dilaniare da una morte per bug, SO cosa vuol dire chiudere gli occhi e continuare a vedere le schermate maledette, SO cosa vuol dire avere la propria vita sociale sgretolata pian piano perchè mannaggia la eva CRASH BANDICOOT WARPED va finito (e lo finii, vivendo con le serrande abbassate e nutrendomi esclusivamente di vermoni molli caramellosi, roba di cui oggi anche il RICORDO DELL’ODORE mi crea insostenibili conati).
Mi sono sopravvalutata, evidentemente. Oppure sono rimasta indietro di una generazione, quando una come me era una nerd, e adesso sono solo una babbea che vince a SoulCalibur V solo perchè applica la temuta tecnica dello SMANO (“come hai fatto a fare quel triplo carpiato all’indietro frantumandomi spada e braccio?” – “eh uhm ecco…”).
Quindi ora sono qui, accanto a un uomo che chiude le serrande per non avere riflessi sullo schermo, e non mangia a meno che sia io a preparare e portargli il cibo (e alle volte frullarglielo tutto e farglielo bere con la cannuccia), e non parla, per lo meno con me: lui parla con lo schermo. Insulta, bestemmia, ma fa anche discorsi complessi. Più volte, dopo un suo sproloquio di cinque/dieci minuti, gli ho chiesto “Amore, ma che dici?” e lui, secco “Non dicevo a te”.
Un uomo che accarezza la gatta di casa definendola “il suo famiglio”, che fa turni di guardia davanti alla porta e fischietta sempre questo tema (molto bello, devo dire, però…).
E’ tutta colpa di Skyrim. Prima eravamo felici. Adesso, per avere la sua attenzione, devo fare improbabili ricerche sul web (perchè lui non può mica mettere in pausa e cercare da solo, no!), tipo SKYRIM INCANTESIMO INVISIBILITA’, e la cosa più agghiacciante è che ci sono pagine e pagine e pagine di questa roba, scritta da gente come mio marito, mentre io, vedova bianca della XBox, devo aspettare un savepoint per avere un bacio, e lui non risponderà al suo cellulare con la suoneria di Final Fantasy VI se si troverà nel bel mezzo di un combattimento, anche se la telefonata verrà dall’argine di un fiume nel quale sto entrando appesantita da tasche piene di controller usati, mentre in testa mi echeggia questa canzone (l’abbiamo messa durante la cerimonia di nozze, sapetelo).