Lo sanno tutti che è da minchioni comprare una console al day one.
Perché non sai come andrà, non sai “che vita avrà”, se ci sarà un parco giochi soddisfacente, etc.
L’ultima volta l’ho fatto con la Wii. Pagata con maggiorazione perché “eh, c’è stata molta richiesta e l’abbiamo dovuta riordinare”, pagando un fottio anche red steel, unico gioco disponibile all’epoca oltre a wii sports e a raving rabbids, e pagando un botto anche il secondo remote+nunchuck.
Ma non me ne pento.
Perché al di là della riuscita (per me ottima) della console, il concetto di acquisto al day one rimanda, inevitabilmente, all’infanzia. Altro che le madeleine di Proust! Il solo pensiero dell’acquisto all’uscita, subito mi riporta al Super Nientendo. Poco dopo il mio compleanno, comunque a novembre del 1990 (se non erro), a sei anni, dopo aver massacrato (e continuato a massacrare per molti anni) l’action set nes, comprato veramente da infante, volevo il super nintendo. E ovviamente non me ne poteva fregare di meno di “parco giochi” o delle “prestazioni della macchina”.
Volevo giocare.
E non mi scorderò mai il viaggio al negozio di giocattoli (CHE AVEVA CHIUSO PER CINQUE GIORNI PERCHE’ IL PROPRIETARIO ERA ANDATO IN MACCHINA IN GERMANIA A PRENDERE UNA VENTINA DI CONSOLE IMPORTATE CON FANTASIA!) sito fuori Cosenza e la gioia, non di giocare, ma di abbracciare quello scatolo di cartone. Stessa sensazione con l’acquisto del Wii (o della Wii), con il tunnel della stazione nomentana fatto a 200 all’ora per arrivare a casa e provare wii sports.
Ed è la stessa sensazione che avrei voluto provare con la 3ds.
Però costava troppo. Anche se avrei voluto prenderla ugualmente. Poi è arrivato il calo netto del prezzo e, appena rientrato a Roma, l’ho ordinata.
La 3ds è la console dello spleen adolescenziale.
Il ragazzino si divertirà un casino, ma non proverà neanche un briciolo dell’emozione di un ragazzo “intorno” ai 30.
La console spacca. L’analogico è perfetto: ora pare che la grande N aggiungerà un’oscena periferica per aggiungere un altro stick. Ma in fondo sti cazzi.
Il software di base è ottimo, il 3d è fichissimo (obiezione: “eh, ma dopo un po’ fa male agli occhi”, unica risposta plausibile “grazie al cazzo!”), il sensore di movimento pure, ma di ste cose non ve ne potrebbe fregare di meno. Anche perché le macchine della Nintendo sono SEMPRE state perfette.
Poi metti su la cartuccia (non il bd o dvd, mannaggia alla diocesi, LA CARTUCCIA DI PLASTICA GRIGIA) di Ocarina Of Time 3d.
E piangi come un disgraziato.
Non perché il gioco è immenso come allora (lo è), non perché le novità sono davvero fantastiche e i controlli perfetti (check!check!), ma perché, nonostante 3d e novità, l’effetto è quello di avere una macchina del tempo tra le mani.
La Nintendo sta campando sui nostalgici. E’ una verità. Ma io me ne fotto, perché sono un nostalgico.
Oggi sto a studio, sono dovuto venire prestissimo perché ci stanno gli imbianchini e deve esserci qualcuno a SORVEGLIARE (vitademmerda) e mi sono portato la 3ds e una volta finite le cose che avevo da fare ho iniziato a giocare per 5 minuti.
Sono passate quasi due ore.
Me ne sono accorto perché si è scaricata la batteria.
Ma in realtà ho giocato pochissimo, perché molto del tempo l’ho passato immerso tra i ricordi.
Per prima cosa ho pensato a quando giocavo ad Ocarina sul Nintendo64, che non avevo. Ma ci giocavo ovunque. Andavo a casa di amici che avevano la console, oppure, con altri amici sfigati-non-possessori-di-nintendo64, andavamo da Grendel o Console Mania a giocare per una quarantina di minuti, comprando Magic per dare un senso alla nostra permanenza in negozio (che il più delle volte rimanevano inutilizzate, ma una volta ho trovato il Loto Nero e ho svoltato più di £200.000!). E ricordo quanto amavo quel gioco e quanto, non avendo la console, agognavo giocarci da solo, la notte, quando tutti erano a letto (dai 12 ai 16 anni dormivo una media di 3-4 ore a notte, mi sparavo Fuori Orario e poi andavo a scuola, fresco come una rosa) ed io avevo la casa per me.
Poi mi torna in mente l’acquisto dell’altro grande Zelda della mia generazione, Majora’s Mask. Mi ricordo che, insieme ad un mio amico, siamo scappati da scuola col motorino perché avevamo saputo CHE ERA ARRIVATO IN NEGOZIO. Praticamente l’intero corpo docenti ha assistito alla nostra rocambolesca fuga e, ovviamente, il giorno dopo tutti i professori hanno riso di fronte alla nostra giustificazione falsificata.
Però ne è valsa la pena. La cartuccia dorata, i Soundgarden sparati a palla per festeggiare l’acquisto e TUTTO IL GIORNO a giocare come dei matti. E poi gli altri compagni (quelli che giocavano, ovviamente) che erano andati a scuola ci hanno raggiunto e vai di birre tenute sotto il letto, improbabili liquori imbevibili fregati da cantine inutilizzate di genitori poco
attenti.
E mi ricordo anche della litigata con la ragazza dell’epoca perché, dopo la pomiciata nel vicoletto, ho detto che dovevo tornare a casa per una cena di famiglia e poi mi ha trovato a casa di amici comuni per il primo torneo di PES (il più grande aggregatore sociale di tutti i tempi) organizzato in classe. Arrivai ultimo. E venni pure mollato, via telefono, mentre tornavo dalla trasferta romana per il concerto dei Dream Theater!
E ancora, mi ricordo del vicoletto, dello spumante da £1.500 di marca SPUMANTE tracannato in compagnia, dei 100 giorni, del weekend distruttivo in Sila, dell’assurda gita a Barcellona con 43 ore di autobus, le puttane nell’albergo a Montpellier, lo staffilococco a Sanremo e di tante altre cose.
Videogiocare come fil rouge che lega i momenti più spensierati e gioiosi di infanzia ed adolescenza, mezzo per accedere istantaneamente ai ricordi di quel periodo.
Perché in fondo se continuiamo a giocare, lo facciamo proprio perché in quei momenti di beata stasi catatonica ritorniamo (NON regrediamo) allo spirito del tredicenne alla prima cotta, o del bimbo di sei anni che scarta la sua prima console e tutte le preoccupazioni, le responsabilità, i ritmi della metropoli, lo stress e l’ansia, scompaiono, anche se per poco, anche se non succede sempre.
Ma quando succede è bellissimo. Rientri in quello spirito, addirittura ti viene da pensare “altri 5 minuti e vado a fare i compiti” e quando ritorni della realtà, parte di quello spirito ti accompagna per il resto della giornata.
Per concludere, non sapete cosa ci si perde a non essere cresciuti con i videogiochi. E non è vero che uccidono la fantasia. Sono solo stronzate.
E allora, grazie Zelda Ocarina Of Time 3d, grazie 3ds e grazie Nintendo. Per me potrai fare uscire anche solo remake in 3d. Non me ne potrebbe fregare di meno.
Ci vediamo all’uscita del WiiU.
E SOPRATTUTTO perché sta avendo una genesi così travagliata, a sto giro ci si ribecca al Day One!