Gioca Giuè

Il blog di videogiuochi che non stavate aspettando altro

Su Stage Select si legge che un bel giorno del lontano 1982 a Brian P.Dougherty, creatore di Swords & Serpents per Intellivision, suonò il telefono nel bel mezzo della notte. Erano due ragazzini che erano arrivati più volte al livello finale ma non sapevano come fare a sconfiggere il dragone. Esasperati, lessero sulle istruzioni del giuoco il nome del programmatore e chiamarono direttamente la Imagic (produttrice di S&S) a Montain View (CA) per farsi dare il numero di casa di Brian. Evidentemente ai tempi non c’erano tante  normative sulla praivasi, perchè dopo poco i due tizi lo raggiunsero telefonicamente pregandolo di rivelare il segreto di come sconfiggere il drago. Brian, mezzo rincoglionito dal sonno, ammise che non c’era modo di ucciderlo perchè era finito lo spazio sulla cartuccia. Niente combattimento finale, niente titoli di coda, niente di niente: come bonus c’erano solo le iniziali BPD scritte per terra. Poi bisognava spegnere la console, oppure si poteva continuare a zavagliare in giro senza meta. Brian racconta che dopo qualche secondo di silenzio i due cominciarono a ricoprirlo copiosamente di insulti passando in rassegna il dizionario delle oscenità, per poi riagganciare improvvisamente. E Brian tolse il suo numero dall’elenco telefonico.

Beh, io Swords & Serpents ce l’avevo, i giuochi dell’Imagic erano i miei preferiti: Ice Trek, Dracula, Dragonfire, tutte robe pesissime con la grafica più bella del mondo. O quasi, insomma. E con mio fratello ho giocato tantissimo a Swords & Serpents, io di solito tenevo il maghetto e lui il cavaliere ma poi facevamo anche cambio perchè un po’ ci si annoiava a far sempre le stesse cose. Un gioco dalla staticità mortifera, lumacoso, paludoso, noioso e pure silenzioso…ma il fascino che sprigionava, ooh, quello era impagabile. Per passare da un livello all’altro bisognava semplicemente trovare una chiave, c’erano le pergamene che davano gli incantesimi, le scalette, tutto era talmente uguale al resto che l’effetto straniamento era garantito.  E io mi chiedevo che ci facessero lì tutti quei cavalieri fantasma che passavano attraverso i muri e i maghetti che sparavano palle di fuoco, se poi il drago alla fine era una palla di pixel che manco si muoveva, completamente inanimato, e quanto mi sono interrogato sull’enigmatico finale di questo mirabolante giuoco. L’unica fonte di notizie (sembrano secoli ma invece sono poco meno di trent’anni fa) era la gloriosa rivista Videogiochi della Jackson, dove c’erano i tizi che fotografavano lo schermo della TV e mandavano i record, ma io ero pigro e non ho mai provato a scrivergli chiedendo delucidazioni sul mistero di S&S. Quante volte ho rischiato di fondere l’Inty, come veniva affettuosamente chiamata la console Mattel da chi era nel giro, lasciandola accesa anche per un paio di giorni perchè i save non esistevano! Ultimamente mi è capitato di riaccendere la mia gloriosa console precambriana – Oh, aveva pure il pad!! Scomodissimo, ma era un pad!! Ma io ai tempi non sapevo cosa fosse un pad e lo chiamavo “disco” – e di rimettere qualche vecchia cartuccia nello slottone, ma a S&S non ci ho più rigiocato per paura di perdermi qualche ora invece di rullare con God of War III che almeno una fine ce l’ha. Riposate in pace, cavaliere e maghetto di Swords & Serpents (il perchè del serpente però non l’ho mai capito).

Un maghetto cattivo spara una palla di fuoco al cavaliere buono che prontamente la intercetta.

Ma attenzione al cavaliere fantasma che giunge dall’alto! Non sarebbe meglio scappare per quella

scaletta lì dietro?


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