Quando eravamo giovani noi, anche se certi di noi non erano così giovani però comunque rispetto a ora sì, l’uso spregiudicato di colori era un vanto.
Aprivi un fumetto Marvel o anche un semplice Topolino e vedevi questi splendidi appartamenti con le pareti tutte di colori diversi e tutte di colori assurdi e fastidiosi all’occhio tipo rosa shocking, verde pisello, giallo. E anche i fondali vuoti erano così.
Poi accendevi la console o il computer o semplicemente andavi al baretto, e i videogiochi erano pure loro coloratissimi e allegri e divertenti.
E questo fino a pochi anni fa quando, qualcuno di quei nerd che nel periodo di cui ho parlato probabilmente erano in cantina a programmare sui loro monitor testo bianco sfondo blu, uno di quei nerd aprì la finestra e vide il mondo lì fuori.
Ed era marrone. E luminescente.
Allora il nerd decise che anche i videogiochi dovevano essere marroni e luminescenti e così creò il Next-gen Filter.
Prima di tutto fu la luminescenza, perché se un motore grafico è potente e può fare i bagliori, allora bisogna usare almeno il 90% della sua potenza per fare i bagliori, proprio come nella realtà. Perché se nella realta mi trovo in un sistema fognario medievale, quindi senza illuminazione, per carità, e incrocio uno scheletro semi rivestito di armatura arrugginita, l’armatura in quanto rugginosa non abbaglia, ma le ossa, belle levigate dalle intemperie e dalla putrida acqua di fogna, quelle cazzo se abbagliano!
Poi fu la volta del marrone, perché se il motore grafico è impegnato a fondo a renderizzare i bagliori, allora c’è bisogno di togliergli un po’ di carico computazionale, e cosa c’è di meglio di ridurre la palette di colori alle sole tonalità di verde e marrone? Perché, cari miei, il mondo là fuori è marrone, che vi piaccia o meno. E per ottenere il massimo del realismo, anche i migliori videogiochi devono essere marroni. E verdi. E luminescenti a casaccio.
Il nerd chiuse la finestra con quelle immagini negli occhi e corse al computer, che nel frattempo era diventato una macchina tritabyte con un monitor Full HD capace di visualizzare milioni di milioni di colori. E programmò, e disegnò per un sacco di tempo, finché non arrivò quella che allora si chiamava Next-gen e che ora sarebbe Current-gen, ma è troppo brutto da dire.
Il mondo accolse quei videogiochi con applausi a scena aperta, perché non si era mai vista una palette di colori così realistica e dei bagliori così luminescenti, proprio come il mondo là fuori la finestra.
E a nessuno venne in mente di dire: “Certo, però potevate usare altri due colori, che il mondo reale già è una merda di suo, se poi anche i videogiochi…” perché era tutto così bello e appagante e realistico.
Un giorno però qualcuno si levò dalla folla e disse: “Ma vaffanculo”. Alcuni compresero il suo disappunto e i loro cori di protesta risuonarono all’unisono e insieme boicottarono i giochi marroni e luminescenti.
Ma la maggioranza li tacciò di faziosità, cecità e altre cose sgradevoli che non oso ripetere, e continuò a giocare contenta perché tra il monitor e la finestra a fianco non pareva esservi differenza alcuna.
Un giorno, però, arriverà la donna delle pulizie che, munita di Vetril, netterà a dovere le finestre di ognuno e il panorama, finalmente limpido e colorato, darà ragione ai pochi che compresero il disappunto.
Gli altri, sgomenti, non potranno fare altro che ammettere le proprie colpe e uccidersi tra le risa a profusione della gente della strada perché confusero l’atmosfera con il realismo o, peggio, pensarono di affidare l’atmosfera a dei – seppur irreali e confusi – colori e effetti speciali e si dimenticarono di pensare all’effetto che le loro scelte avrebbero avuto nella loro globalità.