colonna sonora: https://www.youtube.com/watch?v=vyaHMhMCTJE
E niente, adesso che ci siamo messi contro gli IMPRENDITORI ITALIANI – fun fact, il mio vecchio barbiere (che è praticamente la personificazione degli Anni Novanta In Discoteca ed è l’unica cosa che avevo ho in comune con Leone di Lernia (rip)) soleva dire: “io sono imprenditore, voi siete prenditori. di cazzi” – occorre fare i conti praticamente con Confindustria, mi aspetto una lettera di Emma Marcegaglia sul Sole 24 ore, telefonata di Gaucci, Abberluscone di nuovo Presidente (magari!), ecc
Seriamente, questa è una cosa che, mi duole dirlo da italiano all’estero, gli italiani fanno in modo particolare: una persona qualsiasi apre un’edicola, è uno che ha aperto un’edicola; un italiano apre un’edicola, è un IMPRENDITORE (se ha più di 40 anni e ha preso i soldi dal padre/la banca. Se ha meno di 40 anni e i soldi li ha trovati in terra è uno STARTUPPER). Il che tecnicamente non è falso, nel senso soprattutto del mio barbiere, ma è comunque un modo tutto italiano di riscattarsi da una vita di bullismo, abusi (di Altamura), e piccole insoddisfazioni quotidiane, dare la colpa al mercato dei propri fallimenti e dipingere lo Stato e le maledette tasse come antagonisti e causa di tutti i problemi. Come se NOI STATALI (sono uno statale (più o meno) in una famiglia di statali) non pagassimo le tasse e non ce la prendessimo in culo per scelte di governo. LULZ. (pagate le tasse maledetti pezzi di merda (io le pago, ma non in Italia))
Dicevo, gli IMPRENDITORI ITALIANI, nel senso di NOI COME IMPRENDITORI – ma anche e soprattutto nel senso di PRENDITORI di cazzi – si riempiono la bocca di frasi tipo EH MA IL MERCATO, oppure NOI CI INVESTIAMO DEL DENARO (gli altri invece), oppure PER NOI E’ TUTTO UN RISCHIO, e quando poi il mercato li manda affanculo perché NO, il mercato non agisce puramente secondo astratti principi termodinamici ma è il prodotto dell’interazione tra istituzioni e regole e convenzioni sociali, oppure quando quel rischio calcolato ti viene a cacare sul divano, vanno a frignare presso le istituzioni (lo Stato ladro, carogna, infame) e a chiedere di essere salvati – sto divagando.
E così quando tu sei uno sviluppatore di un gioco – cui non ho giocato e non intendo giocare per vari motivi legati al mio setup e soprattutto al fatto che a me i videogiochi fanno schifo come passatempo e come argomento – che ha un sacco di recensioni negative sia nella community di Steam, sia sulla prezzolata stampa di settore internazionale (tranne che su alcuni siti italiani di amici di amici, HASH TAG ITALIETTA (peraltro sono il solo a ricordare che sotto all’80 qualsiasi voto dato da una pubblicazione italiana equivale più o meno a “è merda, ma volemose bbene”?)), e prendi a lamentarti delle recensioni negative, cominci a sembrare uno di quei ristoratori – pardon, imprenditori – che se la prendono con TripAdvisor perché c’è una recensione di un cliente che dice “tutto buonissimo tranne la zuppa con la merda, 1 stella” e si incazza PUR SAPENDO che la merda nella zuppa c’era, e continuerà a esserci. Capito come?
Ma alla fine tutti siamo d’accordo sul fatto che uno sviluppatore (un imprenditore) fa nel proprio lavoro un investimento prima ancora personale ed emotivo che economico. E ci mancherebbe altro! Pure fossi il developer di Clash Royale o di uno di quei merdosissimi giochi per samsung galaxy bianco (quello da ragazze terrone che impostano il font di sistema su Cool Jazz) dove devi allineare le gemme per sconfiggere Andreotti avresti a cuore che il tuo lavoro fosse ben ricevuto dal pubblico. E siamo tutti d’accordo pure sul fatto che blastare i prodotti nei commenti, specie quelli in cui la fruizione è soggettiva, sia un’attività più ascrivibile al trolling che a un contributo utile. Mi si bruciano i broccoli, un momento…
Dicevo, ci sono sensibilità e realtà che capisco molto bene pur non essendo io né aspirando a essere un game developer, ma qualcosa di più nobile e utile. Detto questo, volevo dire la mia su alcune cose:
1) PER FARE I GIOCHI BELLI SERVONO ALMENO DUE MILIONI DI EURO
Vediamo. Non basta l’aneddotica (“Monument Valley è costato 2 milioni!”) e il problema di quest’industria è che i dati sono a) difficili da trovare e b) difficili da credere. Difficili da trovare perché per qualche motivo che non so e non mi interessa i game dev non li vogliono divulgare. Difficili da credere perché, come osserva Raph Koster (e non uno stronzo qualsiasi come Copons) gli studios che producono titoli AAA tenderanno a gonfiare le dichiarazioni sul proprio budget (“GTA VI costerà come il PIL della Malesia!”), mentre gli indie tenderanno a fare lo stesso, in senso inverso (“Tales of Garbatella è stato sviluppato mangiando riso in bianco e acqua delle grondaie per 3 anni!”). E non si può nemmeno dire che la verità stia nel mezzo visto il trend esponenziale dei costi del mercato AAA. Citando Koster:
I took an average of the data per year, but it only tells us so much given that the data is weighted towards AAA games, and they pull up the average so dramatically. So I wouldn’t read too much into this graph except to say that even with the lack of really recent data points and older data points, the line is shockingly straight. I will say that a couple of the recent top of the line mobile games have budgets ranging from $5m to $20m — the bottom end is not as low as people think, when doing “AAA mobile.” Even PC indie games with high polish hit multiple millions.
All in all, given reporting bias (crazy expenses are more fun to talk about), and given that exponential cost differences mean the median or “typical” game is certainly not climbing at the same rate, and given the lack of enough mobile and indie titles in the data set, this average line is certainly over-reporting for games as a whole. You may find that somewhat reassuring, especially if you’re working on a $50m AAA game right now.
Va detto che secondo questo trend i giochi indie stanno a 5 milioni di dolla, e la misura della qualità è basata sulle vendite, e tutte queste cifre NON includono il marketing.
Come suggerisce il buon senso, o se non credete al buon senso, come suggerisce Karl Popper (e non uno stronzo qualsiasi come Copons): basta una singola prova negativa per smentire un predicato a carattere universale. E poi, come dice Copons: a un giocatore non frega un cazzo di quanto costa sviluppare un gioco, perché se gli piace e può permetterselo se lo compra, se gli piace e non può permetterselo aspetta i saldi, o lo ruba da Mediauord. E ancora: la misura della qualità come vendite/fatturato è opinabile, e non è l’unica. C’è anche la critica della stampa di settore e del pubblico. Il che ci porta al punto
2) LE RECENSIONI NEGATIVE SONO UN ERRORE?????
Partiamo proprio dalle recensioni di quel gioco di cui scrivevo sopra. In queste recensioni, fatte da utenti che il gioco l’hanno giocato – chi più chi meno, ma almeno Steam si preoccupa di farci sapere quanto – leggiamo come molte persone abbiano da ridire più o meno sugli stessi punti. Uno è soggettivo – la storia è derivativa, un clone brutto di Dark Souls – su cui possiamo pure sorvolare, e uno invece pare essere legato alla gestione dei controlli e al lag. Ora, se io fossi uno sviluppatore trarrei un grosso vantaggio da questo canale aperto con svariate migliaia di utenti, e la prima cosa che farei è rivedere le parti tecniche che nel mio gioco non funzionano, e – se ho tempo e modo – rilascerei una patch. E sicuramente il game dev di cui sopra ha cercato sempre di ingaggiare tutti i commenti (cosa che gli fa onore, perché è un lavoro sfibrante e ingrato) pur tradendo un po’ di bruciore al culo nelle critiche sulle scelte di design, e in qualche caso ha pacciato (Pacciani?) il gioco. “Ma le recensioni negative rimangono”. Vero, ma non del tutto vero: il sistema di recensioni di Steam, proprio perché è stato sviluppato tenendo in considerazione i bisogni dei giocatori E il fatto che i giochi, come tutto il software, possono evolversi nel tempo, mette in risalto cambiamenti nel giudizio medio nel tempo. Capite anche voi teste di cavedano che questo è un vantaggio per giocatori E sviluppatori (E IMPRENDITORI!). WIN WIN (WIN)!!!!
3) LA SELEZIONE ALL’INGRESSO MIGLIORA IL TUO DIVERTIMENTO
Tra un monopolio che lascia la porta aperta a tutti – anche a CANI E PORCI – e un secondo monopolio (perché uno store che contiene esclusive è un monopolio) che fa la selezione, non vedo perché, a meno di non dover assolutamente giocare a qualcosa che sta nello store chiuso (e anche lì sarebbe come dire che Battle.net è meglio di Steam, perché su Battle.net c’è StarCraft), debba preferire il secondo. No, davvero, sarò cretino io (no) ma non ci arrivo. A parte il fatto che da STATALE (più o meno) io preferisco sempre i posti senza selezioni – avendone già dovute superare abbastanza e non potendo inveire contro il mercato – ma poi è un ragionamento che non sta da nessuna parte. Se poi hai il problema di “dover girare ore per trovare un bel gioco” boh, che ti devo dire, prova a leggerti dei siti che parlano di videogiochi (non ti consiglio Gioca Giuè perché non ci scrive nessuno da due anni e di sicuro non ci trovi consigli, solo bestemmie e foto del cazzo di TheGems).